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lunedì 18 aprile 2016

QUANDO CADE LA SCURE...

Ciao a tutti, come va?

Nel mio ultimo post segnalavo come la Archie Comics, che negli USA è un po' un'istituzione, avesse deciso di puntare al mercato digitale per lanciare la miniserie dedicata al "nuovo" Kevin Keller, che esplorerà la sua vita di gay ventenne nella New York di oggi (CLICCATE QUI).

La Archie Comics è nata nel 1939 come MLJ Magazines, e dopo il grande successo dei suoi fumetti umoristici per adolescenti ha cambiato il suo nome in Archie Comics, nel 1946. Da allora ha continuato a sfornare personaggi molto iconici, concentrandosi sempre di più sulla fascia di pubblico adolescenziale e preadolescenziale. Questo, ovviamente, ha richiesto che i suoi personaggi si adeguassero periodicamente alle mode, ai contesti e alle situazioni che coinvolgevano i loro coetanei nel mondo reale, anche perchè in caso contrario il ricambio generazionale si sarebbe bloccato e l'editore non sarebbe andato avanti per oltre settant'anni... E sicuramente adesso non starebbe ispirando un teen drama televisivo di ultima generazione, presto in onda per il canale CW (quello di FLASH e ARROW)...
Tutto questo per dire che, per avere un successo duraturo nel mondo dell'editoria a fumetti, è molto importante avere le idee chiare. Nel senso che è importante individuare un pubblico di riferimento e capire quali sono le dinamiche che possono portare a rinnovarlo ciclicamente... Altrimenti si rischia di conquistare una platea - magari anche ampia - senza riuscire a rinnovarla, finendo poi per morire con essa...

In Italia questo fenomeno si è verificato abbastanza spesso. Ad esempio è avvenuto con i pur popolarissimi fumetti dell'Editoriale Dardo, che erano perfettamente in sintonia con i gusti dei bambini e dei ragazzini degli anni Cinquanta, ma che nel tempo non seppero stimolare un ricambio generazionale del proprio pubblico. Il Grande Blek, ad esempio, debuttò nel 1953 e andò avanti fino al 1967: a quel punto i gusti del suo giovane pubblico iniziarono a cambiare e il suo stile cominciò a risultare anacronistico, ma invece di rinnovarne l'impianto narrativo si pensò di sospendere la produzione di storie nuove per rientrare coi costi (e per non rinnovare il contratto con gli ideatori originali) e di proseguire con delle ristampe. Lo stesso accadde con Capitan Miki (1951-1967), e con Akim dell'editore Tomasina (1950-1967)...

Ed è curioso notare come la "crisi" della fine degli anni Sessanta colpì anche serie che erano comparse dopo gli anni Cinquanta, ma che si rifacevano allo stile bonario e ingenuo di quel periodo, come ad esempio Kolosso (1962-1966)...

Tutte serie che inzialmente vendevano centinaia di migliaia di copie a numero, ma che nel giro di una dozzina d'anni non riuscirono più ad avere il pubblico necessario per garantire una produzione inedita, perchè si rivolgevano ad una fascia di pubblico che nel giro di dodici anni si era completamente rinnovata... Anche perchè i ragazzini della fine degli anni Sessanta, è risaputo, preferivano letture meno leggere e più trasgressive, tant'è che anche nella biografia di Angela e Luciana Giussani ("Le Regine del Terrore" - Edizioni BD) si racconta che, alla fine degli anni Sessanta, si presentavano spesso sulla porta della loro redazione dei lettori giovanissimi che chiedevano quando sarebbe stata pubblicata una nuova storia di Diabolik...

Un po' di anni prima, in effetti, anche negli USA si iniziava a porre lo stesso problema a livello di ricambio generazionale, e infatti per stare a galla la DC rinnovò il suo universo supereroistico a partire dalla fine degli anni Cinquanta, mentre nei primi anni Sessanta Stan Lee iniziò a ripensare completamente il concetto stesso di supereroe, a partire da Fantastic Four 1, del 1961...

E questi periodici rilanci per adeguare i vecchi personaggi, e i vecchi generi, ai gusti del nuovo pubblico sono ormai diventati una tradizione del fumetto popolare americano.

D'altra parte il ragionamento ha una sua logica: se un editore realizza fumetti che puntano ad avere un certo appeal su una fascia d'età precisa prima o poi deve fare i conti col tempo che passa. E a quel punto si trova davanti a un bivio: o si adegua ai gusti delle nuove generazioni o prova a seguire gli ex-giovanissimi mentre crescono, continuando a prenderli come punto di riferimento. Ovviamente c'è anche una terza soluzione, e cioè provare a realizzare qualcosa che sia un compromesso fra i gusti dei nuovi lettori e i gusti di quelli vecchi, ma pù passa il tempo e più questa strada diventa impraticabile... Anche perchè, come è giusto che sia, i gusti e le prospettive di un dodicenne di oggi non sono paragonabili a quelle di un dodicenne di trenta, quaranta o cinquant'anni fa.

E questo lungo prambolo mi porta al vero argomento di cui volevo parlarvi oggi, e cioè la notizia che la Bonelli - dopo aver reso disponibili in versione digitale i primi numeri di Mister No - ha deciso di rendere disponibili anche i primi numeri di Zagor (sulle piattaforme di Amazon a iTunes Store, Google Play e Kobo Books), che sono disponibili sia in bianco e nero che a colori... A breve distanza dalla morte del suo suo ideatore grafico Gallieno Ferri...

Sorvolando sul fatto che questo tempismo è un po' inquietante, e che magari sarebbe stato il caso di aspettare un po' per evitare che qualcuno potesse pensare che il lancio digitale di Zagor sia arrivato solo per sfruttare la notizia del trapasso del suo creatore, non ho potuto fare a meno di notare due cose.

La prima è che ancora una volta un editore italiano molto importante preferisce utilizzare un supporto nuovo per proporre qualcosa di vecchio (le prime storie di Zagor risalgono al 1961), e la seconda è che in questo modo il suddetto editore rischia di compromettersi fin da subito presso il pubblico potenziale che potrebbe non conoscere ancora le sue produzioni. Nel senso che se, per ipotesi, un giovane di oggi che non ha mai letto un albo Bonelli ed è molto a suo agio con le letture digitali, volesse provare ad avvicinarsi all'editore tramite queste storie di Zagor (anche per via del costo molto basso), avrebbe per le mani qualcosa che era stato concepito per i ragazzini del 1961, e nella migliore delle ipotesi troverebbe quelle storie alquanto astruse...

Anche perchè sarebbero molto lontane dal suo concetto di entertainment per ragazzi. Così, con il biglietto da visita rappresentato da queste prime storie di Zagor, il suddetto giovane potrebbe pensare che i fumetti di questo editore non fanno per lui, mettendoci una pietra sopra. E infatti, se leggete le recensioni ai fumetti digitali di Zagor già comparse su Amazon, vedrete che sono tutte opera di lettori molto stagionati, che lo leggevano quando erano piccoli (CLICCATE QUI e QUI)... E che si lamentano comunque del fatto che questi fumetti non sono ottimizzati per il formato digitale...

La sensazione, quindi, è che si sia voluta sperimentare la strada del mercato digitale senza volerlo prendere troppo seriamente, e senza considerare le sue dinamiche... E alla fine non escluderei che nel lungo periodo questa strategia, portata avanti in questo modo, possa portare più danni che benefici.

Staremo a vedere.

Ad ogni modo il caso di Zagor è un po' la prova di come la sua casa editrice NON punta più di tanto a rinnovare il pubblico delle sue serie più longeve, e di come adesso i nodi stiano iniziando a venire al pettine. Zagor naque nel 1961 per essere una serie "giovane", in grado di attirare lo stesso pubblico che in quel periodo seguiva Il Grande Blek, Capitan Miki e Akim (e infatti riprese molti elementi da queste serie, come l'uso di una spalla ridicola e la tendenza alle ambientazioni semifantastiche).

Quando le serie a cui Zagor si ispirava iniziarono a perdere lettori l'editore non pensò di avvicinarsi ai giovani degli anni Settanta, ma decise di allineare il prodotto ai gusti del suo pubblico storico che stava iniziando a crescere, e così lo rese più realistico e serio... Anche se poi, a quanto pare, si fece prendere un po' troppo la mano (e a dirlo è anche Sauro Pennacchioli, che potete leggere CLICCANDO QUI), con alcune conseguenze che lì per lì vennero sottovalutate.

Infatti Zagor era un incrocio fra un tarzanide e un personaggio western, ma aveva fatto colpo perchè fondamentalmente era uno pseudo supereroe che spesso aveva a che fare con temi, situazioni e avversari "supereroistici". Tuttavia l'ambientazione western lo vincolava molto e quando in Italia arrivarono i supereroi veri, quelli della MARVEL, il ricambio generazionale dei suoi lettori iniziò a rallentare sul serio. Infatti è molto realistico ipotizzare che la maggior parte del pubblico che segue Zagor, oggi, sia composta dagli ex bambini che hanno avuto 8-12 anni fra il 1961 e il 1975 (anno in cui gli albi MARVEL pubblicati dall'Editoriale Corno raggiunsero il picco di popolarità, accaparrandosi molti dei potenziali lettori di Zagor).

Quindi parliamo di persone nate soprattutto fra il 1949 e il 1967, e cioè un pubblico che oggi rientra prevalentemente nella fascia d'età compresa fra i 49 e i 67 anni, anche perchè dopo i fumetti MARVEL arrivarono le serie animate giapponesi e i gusti del pubblico più giovane cambiarono definitivamente... Nell'indifferenza generale degli editori italiani storici, che probabilmente pensavano che sarebbe stata una moda passeggera, e che non valeva la pena di rivedere le proprie posizioni.

Fatto sta che, col passare del tempo, Zagor ha continuato ad essere in linea con le aspettative del suo pubbico storico, tant'è che le copertine di Gallieno Ferri (qui sotto in una foto recente) sono rimaste una costante... Anche se era evidente che l'artista, per quanto bravo, col passare del tempo era sempre più lontano dai canoni estetici e grafici delle nuove generazioni... E d'altra parte, se nel resto del mondo le copertine dei fumetti che puntano ai giovani non vengono affidate a disegnatori che hanno più di ottant'anni, un motivo deve pur esserci.

Il problema, però, è che se si punta solo su un pubblico storico che non si rinnova, prima o poi la natura fa il suo corso e inizia ad avere un certo peso... Consultando i dati resi disponibili dal sito comicus (CLICCATE QUI), e che per Zagor coprono il periodo che va dal 2004 al 2014, vediamo che c'è stato un calo di 14.000 lettori in dieci anni. Ben poca cosa rispetto al tracollo di alcune serie più recenti, ma facendo i dovuti calcoli e le dovute proporzioni si scopre che in percentuale si è trattato di un calo che  - in particolare negli ultimi anni - si è allineato a quello di TEX (che comunque ha sempre venduto molto più di Zagor). Quindi se ne deduce che TEX e Zagor hanno dei lettori con diverse caratteristiche in comune, e che probabilmente - ora che i lettori più anziani di TEX stanno passando a miglior vita - si sovrappongono sempre di più dal punto di vista anagrafico.

E d'altra parte che la situazione fosse questa lo si intuiva anche dal documentario NOI, ZAGOR del 2010, incentrato sugli autori e i fans del personaggio. Un documentario che alla fine è stato (anche) una parata di signori variamente attempati e molto orgogliosi di portare avanti una passione che coltivano fin da ragazzini...
Nei paesi stranieri in cui Zagor viene pubblicato con più successo, come Tuchia (qui sotto ne vedete alcuni fans di Istambul che incontrano gli autori), Serbia e Croazia, l'età media del pubblico è leggermente più bassa, ma questo dipende da un contesto socio culturale in cui - per varie ragioni - i gusti delle nuove generazioni si sono evoluti con più lentezza e in maniera meno "liberale" rispetto a quelli dei loro colleghi italiani.

Da notare che in Turchia il personaggio di cui stiamo parlando era così famoso che gli sono stati addirittura dedicati due film "apocrifi" nel 1971... Due film in cui la foresta nordamericana in cui si muove Zagor si era magicamente trasferita nella selva turca...


Però, come dicevo prima, la Turchia non è l'Italia, e men che meno si può paragonare a contesti più dinamici e fumettisticamente attivi di quello italiano.

E infatti pare proprio che l'edizione americana di Zagor proposta dalla Epicenter Comics - che, vi ricordo, è portata avanti da alcuni fans croati della Bonelli trapiantati negli USA - non riesca a fare breccia presso il grande pubblico locale... Anche perchè, se l'impostazione del personaggio risulta ostica per i giovani lettori italiani, probabilmente risulta pressochè incomprensibile per i loro coetanei americani, nonchè per il pubblico dei nerd più grandicelli, che da quelle parti si sono abituati a tutt'altro tipo di letture e a tutt'altro concetto di "avventura"... Quindi, per essere realisti, una proposta del genere può interessare giusto ai fumettofili americani più incalliti e a qualche immigrato europeo che ha nostalgia di casa... 

Quando c'è stato il funerale di Gallieno Ferri era presente una piccola rappresentanza di lettori e colleghi... E gli è stato anche concesso di venire sepolto assieme ad una riproduzione della scure di Zagor, cosa che sicuramente avrebbe apprezzato...



Quello che forse avrebbe apprezzato meno è il fatto che sui forum di discussione dedicati a Zagor si è subito scatenato il toto autore (CLICCATE QUI), e che molti lettori di Zagor sono stati i primi a dire che gli piacerebbero delle copertine realizzate da disegnatori più "innovativi" di Gallieno Ferri... Anche se sono praticamente certi che la casa editrice non oserà mai attuare un cambiamento radicale, e sceglierà un sostituto in grado di non far percepire troppo la mancanza del copertinista storico della serie...

Una situazione molto curiosa senza dubbio, che mette ancora più in luce le tante contraddizioni del fumetto popolare italiano, che sembra fare sempre più fatica a rapportarsi con quello che dovrebbe essere il suo pubblico... Anche quello più affezionato, su cui in teoria vorrebbe puntare.

Da due anni non circolano dati ufficiali sulle vendite di Zagor, ma se il trend che c'è stato fino al 2014 si è mantenuto stabile ora dovrebbe vendere sulle 30.000 copie al mese. Sicuramente si tratterebbe di un dato ancora incoraggiante, ma se il calo degli ultimi anni si dovesse mantenere costante - e cioè 2000 lettori in meno ogni anno - in poco più di dieci anni la testata non riuscirebbe più a stare in piedi e finirebbe per chiudere...

E in effetti non sarebbe la prima volta che questa casa editrice preferisce accompagnare un suo personaggio lungo il viale del tramonto, piuttosto che tentare di rilanciarlo sul serio per un pubblico nuovo...

Così, invece di puntare ai giovani per rinnovare il pubblico di una serie, si preferisce coltivare gli ex-giovani per contare sul supporto del pubblico storico il più a lungo possibile... Magari pretendendo che - eventualmente - siano i giovani ad adeguarsi a determinati standard editoriali, e non viceversa. Tant'è che - come dicevo prima - un editore come Bonelli, oggi, non usa il mercato digitale per testare nuovi contenuti (come negli USA fanno la Archie Comics, la DC Comics e altri), ma per riproporre - per l'ennesima volta - storie che si sono già viste e riviste più volte dagli anni Sessanta ad oggi...

Perchè? In parte penso che una risposta - parziale - possa arrivare proprio riflettendo sul caso di Gallieno Ferri, al netto del fatto è stato un grande artista, una figura stimata e sicuramente una persona molto benvoluta nella sua comunità...

Il fatto è che non sono stati solo i personaggi a "invecchiare" assieme al loro pubblico, ma anche gli editori, i responsabili editoriali, i redattori, gli artisti e i collaboratori tutti. Tantopiù che spesso gli  editori e i curatori redazionali sono ANCHE gli sceneggiatori delle storie che poi vengono pubblicate... E il fatto che col tempo, e per ovvi motivi, non abbiano mai favorito troppo il ricambio professionale all'interno delle loro case editrici ha creato un effetto domino che, ad esempio, fa sembrare normale che solamente Gallieno Ferri disegnasse le copertine di Zagor, nonostante fosse ormai prossimo alla novantina...

Certo si può dire che fosse anche una questione di "tradizione" e "rispetto", ma nei fatti situazioni come queste hanno portato ad una sorta di semi-gerontocrazia per quel che riguarda le serie più longeve, e questo approccio ha iniziato ad estendersi anche alle proposte un po' più recenti: Gianfranco Manfredi segue ADAM WILD a 67 anni, Claudio Chiaverotti scrive MORGAN LOST a 51 anni, Michele Medda ha lanciato LUKAS a 55 anni, e via dicendo... D'altra perte Alfredo Castelli è alla guida di Martin Mystere a 69 anni, Giancarlo Berardi segue Julia dall'alto sei suoi 67 e per Dylan Dog è stato richiamato Tiziano Sclavi, che ormai di anni ne ha 63, che poi è la stessa età di Mauro Boselli, che scrive Dampyr. La grande novità fantasy DRAGONERO è gestita da Luca Enoch (54 anni) e Stefano Vietti (51 anni), che si occuperanno anche delle avventure di DRAGONERO versione adolescente, di cui si sono già visti i primi studi...



E qualcosa mi dice che in questo caso ne vedremo delle belle, visto che proveranno ad accattivarsi una fascia di pubblico con cui ormai non hanno praticamente più nulla a che spartire... E d'altra parte a quanti sceneggiatori under 30, o anche solo under 40, la casa editrice Bonelli ha concesso di lanciare un nuovo personaggio, negli ultimi dieci anni?

E quante volte, invece, questo è avvenuto negli USA?

La risposta penso che sia evidente, anche perchè negli USA c'è un mercato molto ampio, mentre in Italia pochi editori hanno finito per cannibalizzare e accentrare tutto il settore del fumetto popolare, e mancando una reale concorrenza ora rappresentano l'unica prospettiva lavorativa per dozzine di autori sempre più attempati che non hanno alcuna intenzione di lasciare il posto alle nuove leve e alle nuove idee, anche perchè non saprebbero dove altro proseguire la loro carriera in maniera dignitosa (e con compensi accettabili)... Soprattutto se non hanno la possibilità (e le competenze) per tentare la sorte all'estero come i loro colleghi più giovani.

Qualche sceneggiatore nuovo, e qualche nuovo curatore editoriale, negli anni si è visto arrivare... Tuttavia è evidente che se a monte chi fa la "selezione del personale" adotta parametri datati, impone un certo approccio e certi contenuti (che sente propri), o magari non ha interesse a rinnovare davvero uno staff di cui lui stesso fa parte da parecchi decenni, la situazione non può migliorare. Tantopiù che, a quanto pare, è lo stesso metodo di lavoro a rivelarsi inadeguato per valorizzare le nuove idee, e a dirlo è anche Antonio Serra (che pure di anni ne ha 53) nella famosa intervista che rilasciò l'anno scorso (CLICCATE QUI).

Più precisamente, quando gli viene chiesto se i nuovi autori che sono arrivati potranno dare un contributo a rinnovare temi e personaggi, lui risponde che:

"Questa purtroppo è un’illusione, una prospettiva sbagliata legata al punto di vista con cui ci guardi. I nuovi sceneggiatori sono in realtà già “vecchi”, e tra l’altro sono già fuori gioco perché, col crollo delle vendite, non sarà possibile dar loro un numero sufficiente di storie da scrivere per far emergere le loro caratteristiche. Siamo autorizzati a scrivere solo fino a che il budget ce lo consente, e la paralisi è ormai alle porte. Tu dici: ci sono degli autori nuovi, avranno delle cose da dire, ci sarà una procedura. Non è così. Volevamo ci fosse, ma le condizioni del mercato non ci consentono assolutamente di progettare un futuro di contenuti narrativi. Procediamo coi piedi di piombo, passo dopo passo. Oggi come oggi, per immaginare un futuro radioso, ci vuole un miracolo, e anche bello grosso. Chi legge dall’esterno, non tende a valutare il tempo che passa. Nel senso che, per chi compra l’albo di questo mese, l’autore magari è “nuovo”, in realtà la storia era in giacenza da sei anni."

E, come se tutto ciò non bastasse, precisa anche che:

"quando Sergio era vivo era la scelta di una singola persona; ora c’è un gruppo dirigenziale, una struttura societaria. Prima era tutto nelle mani di una persona sola, che aveva le sue idee; ora c’è anche un ufficio che si occupa di decidere cosa è meglio fare, che prima non c’era. Oggi siamo legati a tutto un altro modo di vedere le cose, quindi per il momento dobbiamo vivere questa situazione per quella che è: un periodo di transizione tra un mondo e un altro."

Sergio Bonelli è passato a miglior vita nel 2011, a 79 anni. Quindi, in parole povere, più che una casa editrice dirigeva una monarchia gerontocratica, che fino al 2011 non ha potuto sviluppare un apparato gestionale e produttivo davvero moderno, competitivo e in grado di affrontare i grandi cambiamenti degli ultimi vent'anni... E infatti, adesso che certe criticità stanno diventando sempre più evidenti, la situazione sta precipitando...

Anche perchè il mondo va avanti sempre più velocemente, mentre il fumetto popolare italiano assomiglia sempre di più ad un dinosauro.

E così, mentre la Archie Comics quest'anno userà il mercato digitale per sperimentare la nuova serie di Kevin Keller (in versione ventenne gay rampante), in Italia la Bonelli lo utilizzerà per riproporre le prime storie di Zagor all'indomani del trapasso del suo copertinista/disegnatore ottantasettenne... Intendiamoci: l'età, di per sè, non è necessariamente una discriminante. Dan Parent (foto sotto), che segue il progetto di Kevin Keller, di anni ne ha 52: la differenza è che si impegna per aggiornarsi e per fare qualcosa che piaccia al pubblico giovane di oggi (di cui fa parte anche sua figlia, a cui spesso chiede consiglio), e non pretende che i lettori si adeguino alla sua idea di adolescenza (o che le sue storie piacciano anche a chi ha la sua età).

Invece, per fare un esempio banale, gli ultimi anni di Dylan Dog - per non parlare della serie Orfani - oltre a non avere un taglio propriamente "giovane" (nel senso attuale del termine) sono stati pieni di citazioni colte per chi ha vissuto negli Ottanta e Novanta: citazioni che risultavano spesso incomprensibili per i lettori occasionali che sono nati dal 1995 in poi... Per non parlare dei pesanti vincoli narrativi, delle tematiche tabù, nonchè delle censure sulle sequenze e sui disegni ritenuti "sconvenienti", che ho spesso segnalato su questo blog e che caratterizzano pesantemente i fumetti prodotti in Italia...

Forse stiamo arrivando davvero al punto in cui il fumetto popolare italiano (ad esclusione di quello firmato Disney, che però è un caso a parte) passerà ufficialmente dallo status di passatempo "per bambini" a quello di passatempo "per nonnini"?

Vedremo...

Di certo con questi presupposti non ci vorrà ancora molto tempo prima di scoprirlo.

Alla prossima.

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